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Chiese e monumenti

Poggiardo, vicino a Castro e Santa Cesarea, nasconde tesori storici, artistici e naturali.


Descrizione

Poggiardo, a pochi chilometri dalle mete turistiche di Castro e Santa Cesarea Terme, racchiude, quasi mimetizzate, grandi ricchezze storiche, artistiche e naturali che non hanno nulla da invidiare a quelle di altri itinerari più conosciuti.
La Chiesa-Cripta di Santa Maria degli Angeli ed i suoi splendidi affreschi rappresentano per gli amanti dell’arte e della storia una valida alternativa a disposizione dei turisti più esigenti e di coloro che scelgono di trascorrere un particolare week-end fuori porta.
Vi invitiamo a scorrere le pagine di questa guida virtuale: potrete apprezzare splendidi capolavori pittorici del passato.

San Nicola

Santo popolarissimo e leggendario, di cui non sempre è facile distinguere le notizie vere da quelle fantastiche. Nato nell’attuale Turchia, fu vescovo di Mira (Licia) nel 4° secolo.
Le sue reliquie, trafugate da Mira da sessantadue soldati baresi, furono collocate nella cattedrale di Bari nel 1087. Circondato da fama di grande taumaturgo, il suo culto si diffuse in tutta Europa, grazie anche ai particolari suggestivi e ai miracoli di cui pare fosse costellata tutta la sua vita. salvò tre giovani vergini, che il padre poverissimo voleva mettere sulla strada per assicurare a sé e a loro il necessario, gettando nottetempo nella loro casa tre borse piene d’oro. Con quella dote tutte e tre trovarono marito e il pane non mancò più.
Questo ed altri episodi hanno stretto tra il santo ed i fanciulli uno straordinario legame che nel tempo lo ha trasformato in un vecchio barbuto che regala dolci e doni, il Babbo Natale della tradizione nordica: santa Claus.
È conosciuto anche come San Nicola di Bari, città di cui fu eletto Patrono.
È raffigurato, qui a lato, con paramenti vescovili mentre con una mano benedice alla greca e con l’altra regge un Vangelo. Della iscrizione esegetica rimangono, purtroppo, solo poche lettere:
OAT(…-OAT(IOC)-.
L’affresco è mutilato, purtroppo, nella parte superiore destra

San Giorgio a cavallo

Si racconta che un terribile drago infestasse le acque di un lago e che, per tenerlo a bada, la popolazione gli offrisse quotidianamente una vittima estratta a sorte tra i giovani del luogo. Un giorno toccò alla figlia del re. La giustizia allora era uguale per tutti e nulla poté il sovrano contro il destino infausto. Recatisi quindi, vittima e familiari piangenti, sulle rive del lago, grande fu la loro meraviglia quando videro giungere al galoppo un cavaliere che a colpi di spada domò il terribile drago, tanto che fu possibile portarlo al guinzaglio tra le mura e tenerlo come animale domestico.
Il cavaliere San Giorgio annunciò alla popolazione di aver vinto il feroce mostro nel nome di Cristo affinché tutti, col battesimo, abbracciassero la fede cristiana.
Questa la leggenda. La realtà è più cruda e senza lieto fine: il martirio di San Giorgio. Nel 4° secolo rifiutare un sacrificio agli dei significava condannarsi a morte: a Lidda, in Palestina, Giorgio rifiutò, deciso a non tradire Cristo e, prima di morire decapitato da un colpo di spada, sopportò con forza e serenità i più atroci tormenti.
San Giorgio è chiamato dalla Chiesa d’Oriente “Il Grande Martire” ed è patrono non soltanto di Genova, ma di innumerevoli città e paesi in Italia, Spagna, Portogallo e Inghilterra. Nell’iconografia tradizionale, è rappresentato nell’atto di trafiggere il drago-serpente dall’alto del cavallo, con indosso una corazza a squame ed un mantello svolazzante.
Nell’affresco l’iscrizione è appena visibile e il pannello è rovinato nella parte superiore destra; manca anche parte della testa del santo.

S. Gregorio Nazianzeno e S. Giovanni Teologo

San Gregorio, Arcivescovo di Costantinopoli, vicino a Nazianzio in Cappadocia, verso il 330.
Iniziò gli studi a Cesarea di Cappadocia e qui incontrò per la prima volta Basilio, poi proseguì gli studi peregrinando e solo verso il 355 decise di tornare in Cappadocia. attratto dalla vita contemplativa, non tardò a raggiungere l’amico Basilio conciliando la vita di studio con l’ascesi. Consacrato vescovo con l’incoraggiamento di Basilio, Gregorio decise di raggiungere la capitale dove arrivò nel 379.
Gregorio fu riconosciuto vescovo di Costantinopoli. Alla morte di Melezio, avvenuta durante la celebrazione del concilio, Gregorio ne fu chiamato alla presidenza, dando a Costantinopoli la prevalenza in Oriente. Di carattere emotivo, esitante ed indeciso, non era adatto all’azione esteriore. L’Episcopato non era certo fatto per dare tranquillità e pace ad un grande inquieto, che soffriva di ogni intrigo e di ogni opposizione.
Gregorio trovò nella tendenza mistica un’energia capace di superare le debolezze e sormontare le difficoltà.
Rappresentato con un manto giallo con pieghe verdastre sulla spalla destra e avvolto alla vita, sostiene un libro con la mano sinistra, mentre la destra concorre a stringere contro il petto il volume. Il volto è in parte scomparso: si scorgono ancora la barba, la vasta fronte ed uno dei grandi occhi.
Si scorgono anche, si a sinistra che a destra della figura, due iscrizioni greche:
ØOIOT-OTIOC.
San Giovanni Teologo, di origine galilea, figlio di Zebedeo e Salomè e fratello di Giacomo il maggiore, restò vergine. Già discepolo di Giovanni Battista, ebbe una speciale intimità con Gesù. Sempre particolarmente associato a Pietro.
Annunziò il Vangelo nell’Asia Minore, ove resse la Chiesa di Efeso. Subì la persecuzione di Domiziano verso il 95: si narra che fu gettato, a Roma, in una botte di olio bollente, da cui uscì illeso; fu esiliato a Patmos (Efeso) dove morì sotto Traiano, forse nel 104, ultracentenario. Fu teologo altissimo, mistico sublime e anche storico scrupoloso.
Raffigurato a sinistra del dittico, porta una tunica grigia scura, che lascia vedere le maniche ricamate ed un manto rossastro che scende dalla spalla sinistra e cinge ricadendo profonde, segnate da dense ombre scure. Il santo appare benedicente e tiene con la destra un rotulo. Il capo, un po’ danneggiato, è visibile; si scorgono le guance infossate, gli occhi, la bocca, la barba canuta e rotondeggiante, i capelli bianchi, spariti al centro e disposti in ricci sulla fronte.
Dell’iscrizione non resta che M (?) a destra, a sinistra E.
Per raffronti con altre rappresentazioni, sembra San Giovanni.

San Demetrio e San Nicola

Appartenente ad una famiglia consolare greca, era graduato dell’esercito e pubblico funzionario, ma nel segreto del suo cuore, l’unica ambizione era quella di servire Dio; e per quei tempi significava davvero puntare molto in alto.
Scoperto cristiano, fu martirizzato crudelmente, finché morì, trafitto dalle lance, nel 306 a Tessalonica (attuale Salonicco).
È rappresentato di fronte, quasi del tutto sbiadito in un dittico con San Nicola benedicente alla greca e che regge in mano un vangelo riccamente decorato. Il vestito è quello tipico del Santo Vescovo, comprendente lo Sticarion, il Phailonion e l’omophorion crocesignato.
L’affresco è in più parti deteriorato.

San Giovanni Teologo

E’ affrescato sulla parete che divide la navata dall’abside di destra della Cripta. Appare benedicente. Tiene nella mano destra il Vangelo decorato da un fiore; veste, su tunica rosso scuro, un manto grigio che è avvolto intorno alla vita e ricade sul braccio sinistro in profonde pieghe. L’orlo della tunica è mosso e scopre i piedi calzati da sandali. Il capo nimbato è allungato, barba e capelli canuti, gli occhi grandi e allungati, profonde le arcate sopraccigliari, la fronte alta ed espansa, le guance infossate.

Cristo Benedicente

Cristo Signore, Figlio del Dio Vivo, è venuto per salvare il suo popolo dai peccati e per santificare tutti gli uomini.
Nell’affresco Cristo siede in trono in posizione benedicente alla greca, con nella mano sinistra un libro con la seguente iscrizione in parte illegibile:
“…Io sono la Luce del mondo, chi segue me non camminerà nelle tenebre”.
Il trono ha una spalliera alta e rettangolare rivestita di un tessuto decorato da un disegno geometrico: dalla figura è scomparsa la parte centrale.
Ai piedi di Cristo è inginocchiata Maddalena, la peccatrice, alla quale Gesù affida l’annuncio del grande mistero: “Va a dire ai miei fratelli: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, al mio Dio e vostro Dio”.
Secondo una tradizione greca, Maddalena sarebbe andata a vivere ad Efeso e li sarebbe morta.
Iscrizione:
MAPIAMATAIN-MAPIA H MATAAAHN (H)
Nello stesso riquadro, sulla destra di Cristo, è rappresentato di fronte S. Anastasio con gli attributi del martirio (la piccola croce astile e il palmo sinistro della mano rivolto in fuori) avvenuto nel 4° secolo a Sirmio (ex Iugoslavia) quando regnava Diocleziano.
Si nota una minuziosa cura nella decorazione del vestito sviluppata in cerchi perlinati tangenti tra loro.

Madonna col Bambino

Al sesto mese, Dio mandò l’Angelo Gabriele ad una Vergine di nome Maria. Entrò da lei e disse: “Non temere Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, tu concepirai nel grembo e darai alla luce un figlio. Lo chiamerai: Gesù”. (Lc. 1,26-28, 30-31)
Nell’affresco la Vergine siede in trono di prospetto, tiene sulle ginocchia il Bambino in posizione frontale, veste di rosso scuro e porta un manto blu scuro, assai annerito, che le copre anche il capo. Il grande nimbo è orlato di puntini, nel volto si aprono grandi occhi, il naso allungato è allargato alla base, la bocca piccolissima, le sopracciglia arcuate.
Il Bambino porta sulla veste scura un manto chiaro, che scende sulla spalla destra, ha un grande nimbo crocesignato. I grandi occhi occupano tutta la larghezza del volto: i capelli rossastri scendono ai lati del volto fin sotto le orecchie.
A destra, l’Arcangelo Gabriele, raffigurato in veste grigia e manto rosso, avanza a mani protese verso il gruppo della Vergine e del Figlio, il volto ovale è incorniciato da capelli rossastri che scendono dietro il collo, sulla fronte ha il tradizionale nastro, gli occhi sono grandi. Nella sinistra agita un turibolo, le ali spiccano grigie sul fondo, alzate e segnate da righe marroni ad indicare il piumaggio.
L’Arcangelo Michele, a sinistra, appare in tutto simile, porta soltanto manto grigio su veste rossa. Si distinguono i capelli raccolti in un nodo sul collo. Secondo raffronti, iconografici e stilistici, l’affresco è attribuito alla prima metà del dodicesimo secolo.

Santo Stefano

Era giovane e “pieno di grazia e fortezza”: fu il primo martire per amore di Cristo.
Diacono nella prima comunità cristiana, Stefano si impegnava anche, ogni giorno e contro ogni ostacolo, ad annunciare la buona novella. Cosa che doveva riuscirgli con pieno successo, visto che i giudei lo ritennero troppo pericoloso e lo condussero davanti al sinedrio con l’accusa di parole contro la Legge… Poi lo strascinarono fuori dalla città e lo lapidarono. Accasciandosi a terra, l’ultimo atto di Stefano fu di invocare da Dio, come Cristo, il perdono dei suoi persecutori.
L’affresco è collocato sul pilastro fra l’abside sinistra e quella centrale. Il santo è in piedi, di prospetto, e veste da diacono una dalmatica marrone decorata da cerchi bianchi. Tiene con la destra, in basso, l’incensiere e nella sinistra regge una borsa rettangolare decorata. Il capo nimbato è in gran parte scrostato, guasta del tutto la parte sinistra.
Nella parte bassa del riquadro è presente una nicchia con una piccola figura armata affrescata nell’interno; l’iscrizione è oramai scomparsa. La Medea che la vide, la riporta: indizione decimoquinta dell’anno 7094, cioè 1586 D.C.

San Lorenzo

Roma gli ha dedicato più di trenta chiese, onorandolo ancor più dei suoi patroni Pietro e Paolo. Forse perché prima di sedersi sulla graticola, Lorenzo volle pregare per la sua città. Il martirio di Lorenzo fu atroce, ma non riuscì tuttavia a scalfire lo spirito arguto di cui era dotato. Ormai arrostito a metà sui carboni ardenti, pare si rivolgesse ai suoi aguzzini dicendo: “Da questa parte sono cotto. Potete rivoltarmi”.
Questa figura è sul pilastro tra l’abside maggiore e quella destra. Il Santo, raffigurato di prospetto, con veste dalmatica rossa orlata al basso da banda a fondo marrone e disegni gialli, tiene nella destra abbassata un oggetto non ben decifrabile. Porta calzature rosse.
Il volto, assai ben conservato, con grande nimbo, è di un bell’ovale non troppo allungato, con una piccola bocca e grandi occhi a mandorla dalle sopracciglia leggermente rilevate verso l’esterno.
Il fondo è a tre zone di colori sovrapposti: azzurro-grigiastro, giallo e azzurro-grigiastro.
A sinistra si legge OAT…, a destra AABPHOC).
Il pannello è profondamente inciso nella parte centrale

SS. Cosma e Damiano

Presumibilmente due fratelli, nacquero in Arabia nel III secolo. Dopo aver studiato medicina in Siria, si stabilirono in Egea e Cilicia (attuale Turchia) e li esercitarono l’arte medica, approfittando di ogni visita per parlare di Cristo agli infermi ed alle loro famiglie. Per questo furono denunciati, arrestati e condannati alla lapidazione. Ma le pietre loro lanciate, rimbalzavano contro i carnefici; furono allora messi al muro per essere saettati, ma le frecce non li sfioravano neppure, anzi tornavano indietro verso chi le aveva scoccate. Fu necessario ricorrere alla decapitazione con la spada.
L’affresco è sulla parete orientale presso l’abside minore. San Cosma, mezza figura posta di fronte, porta una tunica bianca, decorata sulla spalla con un reticolo nero su fondo giallo e da un motivo di girali fogliacee gialle al bordo della mano. Sopra la tunica indossa un manto di foggia speciale, identificato con la penula ebraica che copre tutta la spalla destra, lasciando libera la sinistra. In santo alza la mano destra a dita unite contro il petto e tiene, nella sinistra, un rotolo. L’ovale del volto è allungato, grandi gli occhi, la bocca sormontata da lievi baffetti, la barba rossastra. I capelli rossicci, spariti alla sommità del capo e rialzati sopra le orecchie.
La figura di San Damiano è analoga alla precedente per aspetto e foggia dell’abbigliamento. Il manto lascia libere le spalle. Sulla veste grigia spiccano decorazioni a cerchi marroni. Il santo tiene la destra piatta, aperta a palma indentro sul petto e stringe entro la palma sinistra un libro decorato da un incrocio di diagonali e da motivi fogliacei gialli. Il volto è simile a quello di San Cosma, eccetto una notevole, evidente disarmonia e irregolarità degli occhi.

San Giovanni Battista

Da stirpe di sacerdoti, nacque Giovanni il Battista. Mentre ancora si trovava nel ventre materno, Giovanni presagì la presenza di Gesù, “sobbalzando di gioia” in occasione della visita di Maria alla cugina Elisabetta. La sua missione sarà, infatti, proprio quella di precursore e preparatore all’avvento del Messia.
Giovanni è detto il Battezzatore, o Battista, perché con questo atto insegnava a purificare la propria vita. Egli stesso battezzò Gesù sulle rive del fiume Giordano.
La figura è posta sulla parete meridionale d’angolo. È intera e di prospetto. Porta pelli scure sulla tunica bianco-rosata che appena si intravede sul davanti. La destra, con tre dita aperte, poggia sul petto, mentre l’altra mano non è più visibile. Nel volto allungato si aprono grandi occhi dalle profonde arcate sopracciliari. I baffi scendono ad unirsi alla barba appuntita. I capelli castani spartiti da ciuffetto al centro della fronte. Il nimbo è limitato da doppio orlo di puntini bianchi. Il polso, scoperto dalla manica, appare villoso. In basso, oltre un’ampia zona guasta, si indovina il piede calzato di sandalo, di cui è visibile la parte anteriore.
Nell’insieme la figura, tipica rappresentazione del Santo villoso, vissuto nel deserto, è assai guasta e di interesse probabilmente minore rispetto ad altre.

L’Arcangelo Michele

È uno dei tre Arcangeli di cui parla esplicitamente la Sacra Scrittura. L’imperatore Costantino eresse in suo onore un santuario sulle rive europee del Bosforo e Giustiniano ne eresse un altro sulla riva opposta.
Molte altre chiese gli sono state dedicate, famosissimo il santuario sorto nel VI secolo sul monte Gargano, in Puglia.
È affrescato nell’abside di sinistra. La figura è di prospetto, ad ali aperte. Porta veste rossa. Impugna nella destra sollevata la lancia e regge sulla sinistra protesa il globo incrociato, ove fra le braccia della croce si legge: MIT.
Sul fondo si distinguono solo le lettere OA.
Il volto dell’Arcangelo è ovale ed è incorniciato da capelli rossastri raccolti in un nodo sul lato destro dietro il collo, i lineamenti sono segnati a tratti ocra e rossastri, gli occhi si aprono, leggermente allungati, con sopracciglia rialzate. Le ali, alzate ed aperte, si allungano sino ad occupare tutta l’abside e concorrono, sicuramente, a dare alla figura dell’Arcangelo, un aspetto di incredibile solennità e maestà. La figura dell’Arcangelo campeggia su uno sfondo a tre zone sovrapposte: azzurra, gialla e rossa.

San Giuliano

Giuliano fu il primo vescovo di Le Mans (Francia), dove, appena arrivato, fece zampillare miracolosamente una fontana. Gli abitanti si convertirono in massa, specialmente il principe della città, che fece a Giuliano numerose donazioni.
Dotato di spiccato spirito missionario, andò in pellegrinaggio a Roma, da cui tornò carico di reliquie che produssero molti miracoli e diverse conversioni. Portò in tutta la regione la Parola di Cristo e le lunghe e polverose strade che percorse, sono tuttora disseminate di chiese che ricordano il suo passaggio.
È rappresentato a figura intera, di prospetto. Veste una tunica rossa con orlature a girali gialle su fondo marrone. Ha gambiere rosse e sandali. Alza la mano sinistra a palma in fuori contro il petto e stringe con la destra una croce.
Nel volto, di un ovale perfetto, si aprono grandi occhi più rotondeggianti di quelli delle altre figure. I capelli castano scuri, formano due ricci sulla fronte e in ricci scendono dietro la nuca. Il nimbo giallo ha dei puntini bianchi.
Iscrizione:
a sinistra OATIOIYAI… a destra: ‘O’ ATIOCYAI…

Santo ignoto

Lato nord del pilastro: si notano due strati di affresco dei quali, perduto il superiore, restava comunque visibile un Santo in veste bizantina.
Lato sud del pilastro: vi era rappresentato un San Nicola in penula rossa a pallio crociato benedicente alla greca.
Scomparsa, per l’umidità, la pittura sull’abside laterale, posta a destra dell’icona di Santa Maria degli Angeli.
Delle due absidi laterali che completano la composizione in onore della Vergine, quella di destra è completamente priva di figurazioni.
Il non identificabile Santo posto di fronte all’Arcangelo Michele, diviene, così, il Santo Ignoto, espressione simbolica delle virtù esercitate da tutti i Santi dichiarati dalla Chiesa.

Maria Vergine con Bambino

L’affresco è sul lato est del primo pilastro di sinistra.
La Madonna sorregge, col braccio destro distaccato dal corpo, il Bambino seduto e benedicente. Indossa un manto azzurro (annerito) che le copre anche il capo e appoggia la mano sinistra al petto, con la palma all’interno. Il capo è leggermente inclinato verso il Figlio.
La parte bassa del volto è molto danneggiata.
Il Bambino calza dei sandali, veste una tunica grigia ed un manto rosso. Con la mano sinistra regge un rotulo. Ha i capelli rossi, grandi occhi, il nimbo orlato di puntini bianchi e crocesignato.
Sul fondo, in alto, si legge MHPOOV e sulla spalla del Bambino IC XC.
Tale rappresentazione si differenzia profondamente da quella dell’abside centrale: l’insieme dell’esecuzione, il duro disegno, il contorno, soprattutto delle grosse mani pesanti, l’espressione dei volti, l’atteggiamento stesso, rivelano una diversa mano e un’epoca diversa. Si può pensare al tardo XIII secolo.

La Cripta: l’architettura

La planimetria della Cripta, di derivazione orientale, è a tre navate, concluse da absidi a profilo curvo. quattro pilastri dividono la l’aula in nove campate, ma di essi solo due sono ancora presenti mentre degli altri, crollati, rimangono solo i basamenti.
L’asse della chiesa-cripta è Sud-Est / Nord-Ovest, con con absidi a Sud-Est; l’ingresso originale, posto lateralmente sulla parete Nord-Ovest, è oggi ostruito; questa zona mostra segni di numerose trasformazioni e l’ingresso “in origine (era) forse preceduto da un dromos concluso da una sorta di pseudoprotilo come in S. Barbara di Matera”.
L’invaso è nettamente diviso in Naos e Bema da un’iconostasi litoide in parte diruta, in cui si aprono tre stretti passaggi che permettevano la comunicazione tra le due zone. Queste non sono in asse, l’andamento è spezzato; compiuto lo scavo della parte anteriore, ci si dovette accorgere del non perfetto orientamento liturgico delle absidi, che sarebbero risultate rivolte quasi a Sud e si tentò di correggere la disposizione iniziale volgendo la seconda parte della cappella con le absidi più ad oriente, pur senza eccedere nel mutamento di direzione, che, qualora fosse stato più brusco avrebbe irrimediabilmente compromesso il bel risultato architettonico.

La Cripta ed il Museo degli Affreschi

La Cripta si trova nel cuore del paese, in Via Don Minzoni, sotto la sede stradale, nei pressi sia della Chiesa Madre, la cui facciata è datata 1773, sia del Palazzo Ducale dei Guarini, anch’esso databile al XVIII secolo.
L’attuale accesso, dal lato del Palazzo Ducale, avviene mediante una scala metallica. La copertura della volta, in mancanza di quella originale, è stata realizzata con solaio piano: tale intervento, insieme alla realizzazione di un pilastro interno, fa parte di un restauro tendente alla salvaguardia del sito originario della Cripta. Gli affreschi originali sono esposti in un edificio-museo all’uopo realizzato a Poggiardo: si tratta di una realizzazione in cemento, situata nella villa comunale in Piazza G. Episcopo.
All’interno è stato ricostruito sul pavimento il perimetro approssimativo della cripta con l’esclusione dell’iconostasi, degli arredi litoidi e con la riduzione del Bema; lungo tale perimetro sono stati montati su telai, nella loro disposizione originaria, gli affreschi restaurati. Lo sdoppiamento delle pareti della Cripta, se da un lato ha permesso un accurato studio e restauro della decorazione pittorica, aveva però portato al completo degrado la parte architettonica che fu espressione culturale delle popolazioni che l’hanno voluta e resa funzionale ad un certo tipo di rito, quello greco, che in essa si officiava. Nel 1999, l’Amministrazione Comunale ha reso agibile la parte architettonica con l’inserimento nella posizione originaria delle copie degli affreschi realizzati su polistirolo ignifugo

Cripta di Santa Maria Degli Angeli

La Cripta di Santa Maria degli Angeli, sorta intorno al Mille, dopo un lungo periodo di attività di culto, nel secolo XV, in seguito all’incremento demografico e territoriale di Poggiardo, cominciò ad essere trascurata e ad andare, inevitabilmente, in disuso.
Nel secolo XVI, colmata di pietrame, fu addirittura soppressa. Seguirono secoli di noncuranza. Nel 1929, poi, nel corso di uno scavo, la casuale riscoperta della Cripta e, finalmente, la consapevolezza del pregio, del valore e dell’importanza del rinvenimento. Liberata dal materiale di riempimento e restaurata, la cripta riacquistò il suo primitivo aspetto: le splendide pitture con il loro sfolgorio d’oro, di verde, di violetto, di rosso cremisino, tornarono ad accendersi ai bagliori della terra e del cielo. La diffusa ed insanabile umidità delle pareti e l’incombente minaccia delle muffe resero però necessario lo stacco degli affreschi, che furono rilevati dalla loro sede segando le pareti su cui erano dipinti e portati all’Istituto Centrale del Restauro di Roma. Restaurati con risultati soddisfacenti ed esposti ad una serie di mostre, dopo travagliata esperienza, gli affreschi tornarono nella loro terra d’origine, Poggiardo, dove trovarono degna collocazione in un museo, realizzato per volontà dell’allora Sindaco Raffaele Pascarito, ubicato nella villa comunale in Piazza G. Episcopo ed inaugurato il 12 Giugno 1975, con l’autorevole partecipazione del Presidente del Consiglio On. Aldo Moro.
La conclusione della tormentata e avvincente impresa volta alla salvaguardia, al recupero ed al rilancio culturale e turistico della Cripta di Santa Maria degli Angeli e dei suoi affreschi, beni destinati al beneficio dell’umanità, si è conclusa soltanto nel 1999.

La Cripta di Santa Maria degli Angeli, sorta intorno al Mille, dopo un lungo periodo di attività di culto, nel secolo XV, in seguito all’incremento demografico e territoriale di Poggiardo, cominciò ad essere trascurata e ad andare, inevitabilmente, in disuso.
Nel secolo XVI, colmata di pietrame, fu addirittura soppressa. Seguirono secoli di noncuranza. Nel 1929, poi, nel corso di uno scavo, la casuale riscoperta della Cripta e, finalmente, la consapevolezza del pregio, del valore e dell’importanza del rinvenimento. Liberata dal materiale di riempimento e restaurata, la cripta riacquistò il suo primitivo aspetto: le splendide pitture con il loro sfolgorio d’oro, di verde, di violetto, di rosso cremisino, tornarono ad accendersi ai bagliori della terra e del cielo. La diffusa ed insanabile umidità delle pareti e l’incombente minaccia delle muffe resero però necessario lo stacco degli affreschi, che furono rilevati dalla loro sede segando le pareti su cui erano dipinti e portati all’Istituto Centrale del Restauro di Roma. Restaurati con risultati soddisfacenti ed esposti ad una serie di mostre, dopo travagliata esperienza, gli affreschi tornarono nella loro terra d’origine, Poggiardo, dove trovarono degna collocazione in un museo, realizzato per volontà dell’allora Sindaco Raffaele Pascarito, ubicato nella villa comunale in Piazza G. Episcopo ed inaugurato il 12 Giugno 1975, con l’autorevole partecipazione del Presidente del Consiglio On. Aldo Moro.
La conclusione della tormentata e avvincente impresa volta alla salvaguardia, al recupero ed al rilancio culturale e turistico della Cripta di Santa Maria degli Angeli e dei suoi affreschi, beni destinati al beneficio dell’umanità, si è conclusa soltanto nel 1999.

 

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Contatti

Comune di Poggiardo
Telefono

0836.909817

Email

protocollo.comune.poggiardo@pec.rupar.puglia.it

Indirizzo

Via A. Moro, 1

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